"SPLASH - Just for sale"

"Guadagnare denaro è arte; lavorare è arte; e fare affari è l'arte per eccellenza". C'è ovviamente traccia delle provocazioni di Andy Warhol nel titolo che Guido Corazziari ha scelto per presentare il suo ultimo, imponente, ciclo di lavori. Anche se è un Andy Warhol di segno rovesciato: negli anni sessanta il celebre artista americano scopriva infatti l'impersonalità delle tecniche meccaniche, fino a maturare un interesse prioritario per il cinema. Corazziari invece, "nato" come autore multimediale, pioniere nell'uso creativo del computer, è di recente approdato alla pittura, che stende ad acrilico su grandi superfici "con ritmi da impiegato". Come mai? Perché la pittura "si vende", dice lui stesso ( ed in effetti, lo sappiamo, i periodici "ritorni" di attenzione per questa pratica, sono dettati in parte proprio da ricorrenti esigenze di mercato). Ma anche per altre, meno prosaiche ( e ironiche) ragioni: in qualche modo proprio come reazione alla perdita di fisicità dell'orizzonte virtuale. Ma stiamo attenti a non prendere troppo alla lettera le ambivalenti dichiarazioni dell'autore. Guido ha perso il pelo, ma non il vizio. La multimedialità resta la sua ossessione. E a ben vedere i suoi dipinti riproducono concettualmente i modi di operare col computer. Sullo spazio della tela gli elementi si sovrappongono infatti come in un hard disk troppo riempito di dati. Così grandi icone del cinema si mescolano ad elementi naturali o a citazioni dell'arte del passato, con una stratificazione mimetica che rende percettivamente ambigua la visione e intercambiabili le categorie di astratto e figurazione. In "Tre uomini", ad esempio, Gary Cooper e il volto di Matisse si miscelano sui toni dell'azzurro con la sagoma di un neonato. In "Kiss me Lion", dietro l'immagine di un uomo che bacia sul collo una ragazza, è nascosta in trasparenza quella di un leone che azzanna una gazzella. E così via, tra giochi di occhi-bocche-rose ( "Ritratto con la rosa"); cavallucci marini ibridati ad un bacio hollywoodiano ( "Bacio"); la Gioconda con Marylin Monroe e un fumetto manga ( "Pin art"); donne cigno ( "Black & White Swan") e sovrapposizioni etniche ( "Tre donne"). Resi peraltro in dualismi a scacchiera bianco-nero o nelle diverse varianti cromatiche artificiali di un vero e proprio campionario da pantone. Persino le sgocciolature stile painting action che talvolta macchiano le stesure piatte, funzionano non per se stesse ma come citazione. O meglio vengono assimilate ad una comune dimensione segnica. Le immagini sono infatti sempre già riprodotte, di seconda fonte. Prelevate da quella "spazzatura iconica" che affolla e satura il nostro campo visivo. Figure brillanti ma vuote, che Corazziari cataloga e manipola in un mix che tiene conto di una stratificazione di livelli del reale, a cui partecipano anche la memoria e l'immaginazione. In realtà in questi "camouflage" c'è di tutto, anche sul piano tecnico. C'è la fotografia, il ricordo della serigrafia, il computer ( col quale, prima di passare alla pittura, vengono verificati effetti e proporzioni). Insomma, dietro la scelta in apparenza strumentale o un po' nostalgica di riprendere il pennello e "rimettere le mani in pasta", agisce una sottile strategia concettuale: introdurre cioè un piccolo scarto soggettivo in quel complesso e confuso "melting pop" che, piaccia o no, forma lo statuto ibrido e meticcio del nostro immaginario contemporaneo.

Antonella Marino ( 2003 - Bari )